Arashiyama è uno dei posti più fighi in cui siamo stati.
Una foresta di bambù così fitta che non sappiamo descrivere, davvero…
Dopo la visita al castello Himeji (se non ci avete seguito abbastanza, leggete il post precedente), abbiamo preso uno Shinkansen per Kyoto. Da lì ci siamo poi spostati con un treno regionale.
Menzione a parte per il pranzo
Ci siamo fermati a comprare un bento ad Himeji. Cos’è un bento? E’ il pranzo confezionato in scatoline di plastica, quello che si vede nei cartoni animati e in ogni angolo di Giappone. Si trovano ovunque, dalle stazioni ai baracchini ai 7eleven. Il classico bento ha ovviamente del riso accompagnato con vari ingredienti: pesce, cotolette, maiale, pollo fritto, frittate, verdure, radici varie ecc. Gli ingredienti vengono composti in maniera che il cibo sia bello da vedere, oltre che buono.
Il cuoco gentile
Dicevamo? Ci siamo fermati in un baracchino da cui ci sorrideva un cuoco cicciottello e che non capiva una parola di inglese. Ci siamo spiegati indicandogli i piatti (di plastica) esposti e, nel giro di 10 minuti, avevamo il nostro bento in mano.
Il nostro amico cicciottello stava mettendo i nostri bento, ben riscaldati e chiusi, in un sacchetto di plastica, che però gli è scivolato di man. Il sacchettino ha sfiorato appena il pavimento. Non credevamo ai nostri occhi quando, scuotendo la testa, ce l’ha cambiato! Abbiamo pensato che in Italia poteva cadere, potevano pestarci sopra, che ci avrebbero insacchettato tutto lo stesso. Qua no. E con un profondo inchino ci ha dato il nostro pranzo (che ci siamo sbafati in treno).
Tenryu-ji
Prima di arrivare ad Arashiyama ci siamo persi. Emily si è addormentata sul treno. Daniele ha perso la fermata e ha svegliato Emily scuotendola e ripetendo:”Oddio, abbiamo sbagliato strada!!!”. Anni di vita persi: 3 a testa.
Ma perdersi non è poi male se il panorama è questo:
Abbiamo preso un trenino nella direzione opposta e stavolta siamo stati ben attenti a scendere alla fermata giusta.
Tenryu-ji è uno dei grandi templi del buddhismo rinzai, famoso soprattutto per il giardino. Ci ha accolto un cartello che indicava il divieto di cacciare Pokemon nell’area.
Pagato il biglietto ci avventuriamo per il tempio e i suoi tatami (ovviamente anche qui si entra scalzi), e da qui iniziamo a godere del panorama del giardino zen e del suo laghetto. Dicono che sia uno dei giardini più antichi del Giappone, di sicuro Arashiyama è un must per i visitatori del Sol Levante. E soprattutto per gli appassionati di piante e giardini.
Una delle cose che ci ha colpito maggiormente dei templi è l’area attorno, con tante “casette” singole ognuna col suo giardino e il suo altare. E soprattutto ci è piaciuta l’atmosfera di calma che si respira in questi luoghi.
Certo, ce ne sono di iper turistici in cui regna il caos, ma in generale sono luoghi che danno pace e serenità.
Ci è piaciuto anche vedere come pregano, la devozione verso la natura, l’acqua e le piante come simboli religiosi, la cura del terreno come cura della propria spiritualità.
La foresta di bambù di arashiyama
La foresta di bambù di Arashiyama è già emozionante di per sè. Immaginatevela popolata da giapponesini in abiti tradizionali e con il rumore dei geta (le ciabatte di legno che si vedono nei cartoni, per intenderci) come colonna sonora. Un’iniezione di felicità e pace che solo certi paesaggi naturali sanno dare. Un balsamo per il cuore essere all’interno di quella meraviglia.
Non abbiamo parole per descrivere quella foresta, bisogna solo andarci. Magari verso sera quando la maggior parte dei turisti rientra. Ci scusiamo di nuovo per la qualità delle foto, ma nemmeno con una Reflex da 2.000€ si sarebbe potuta ricreare quell’atmosfera.
I dintorni
Abbiamo poi fatto un giro nelle vicinanze, ci siamo arrampicati sulla collina verso il “parco delle scimmie” ma, a parte noi, di scimmie non se ne sono viste.
Trascinandoci verso la stazione con i piedi distrutti dal gran camminare, abbiamo costeggiato il fiume e una serie di negozi di souvenir e artigianato locale. E niente, ci siamo trattenuti perchè siamo #poracciintour
LO SPUNTINO DI LUI
Un gigantesco raviolo ripieno al maiale (che aveva una consistenza “particolare”)
LO SPUNTINO DI LEI
Un ghiacciolo con dei pezzi di mango enormi