Chi sono i matti di Azzago? Seguici in questa passeggiata al Forte Santa Viola, in Valpantena. Siamo sulle colline a nord di Verona, tra la città e la montagna. Partiamo per un’altra piacevole camminata alla scoperta di tradizioni e luoghi storici. Questo articolo è particolarmente intenso: partiamo facendo la conoscenza dei matti di Azzago, proseguiamo per il Forte Santa Viola, perdiamoci nell’arte alla chiesetta di Santa Viola e per finire conosciamo la maglieria Antonelli e la pecora brogna con la sua lana pregiata. Pronti? Si parte!
I MATTI DI AZZAGO
Gli abitanti del piccolo borgo di Azzago, da cui inizia la nostra passeggiata odierna, sono chiamati “i matti di Azzago”. Ma perché gli abitanti di Azzago sono chiamati matti? La spiegazione è storica. A fine Ottocento una terribile tempesta colpì duramente la Valpantena. Azzago era un borgo già economicamente svantaggiato, la tempesta diede il colpo di grazia economico. Ma gli abitanti non si perdono d’animo: creano una compagnia teatrale e girano per la città esibendosi in uno spettacolo goliardico. Da allora sono chiamati “i matti di Azzago”. C’è anche un libro che parla di questo argomento, in cui ci si pone una domanda: i matti di Azzago sembrano i meno furbi di tutti ma approfittarne per fare soldi facendo i matti non li rende forse i più furbi di tutti?
Un’altra leggenda sui matti di Azzago racconta che sul campanile della chiesa di Azzago si crearono dei ciuffetti d’erba. Per eliminarla issarono una mucca con una carrucola affinché brucasse l’erba sul campanile. Robe da matti!
IL BORGO DI AZZAGO
La chiesa Azzago rappresenta il cuore del paese e dalla sua piazza si può ammirare un arioso panorama sulla Valpantena e sulla città di Verona. La chiesa è documentata già dal 1529, annessa alla chiesa del vicino borgo di Romagnano. Con l’aumento della popolazione dal 1576 si rese necessario un unico prete autonomo solo per Azzago. Il problema però è che tale prete “in esclusiva” doveva essere pagato, ma anche il prete di Romagnano doveva continuare ad essere pagato. I preti attorno si opposero ma dal 1602 si decise di pagare per avere un prete per Azzago. La chiesa è visitabile gratuitamente, dentro troverete delle pitture moderne.
CONTRADA CASALE
Salutiamo i matti di Azzago e proseguiamo la nostra passeggiata fino alla contrada Casale, situata su un’altura che sembra quasi un paesaggio perfetto per un quadro. Qui si era insediata la ricca famiglia Gazzola che aveva costruito la villa padronale per il controllo agricolo dell’area circostante. Al contrario delle ville costruite più a valle, non era stata costruita per diletto, anche se la struttura è simile a ville di svago. La villa padronale è una grande casa colonica circondata da fienili e stalle. Al centro si trova anche una fontana poi diventata lavatoio e infine abbeveratoio. Inoltre c’erano varie strutture adibite a depositi per i materiali necessari alla lavorazione agricola. Era così che la famiglia Gazzola affermava il suo potere tra il Cinquecento e il Seicento.
Per accedere a questa piccola contrada c’è un arco con uno stemma rappresentante una gazza, simbolo della famiglia Gazzola. Inoltre ci sono le iniziali D.G. del capofamiglia, il signor Donato Gazzola.
ORATORI PRIVATI E VITA NELLA CONTRADA
Donato Gazzola costruì qui il suo oratorio privato, simile ad altri che abbiamo già incontrato in Valpantena come il piccolo oratorio della Madonna della Neve nei pressi di Alcenago. In questo oratorio in contrada Casale sono ancora visibili l’altare e il lampadario centrale. Troviamo anche un antico meccanismo di un orologio completamente fatto a mano. Due quadri sono invece stati trasferiti presso il municipio di Grezzana. La particolarità di questo oratorio, era il fatto di essere esterno alle mura, per questo nel 1726 per la curia era considerato un oratorio pubblico e non riservato alla famiglia. Di solito quando la chiesa parrocchiale era distante e scomoda l’oratorio delle ville dei nobili veniva concesso per l’utilizzo da parte di tutta la popolazione. Già nel 1735, anno in cui l’oratorio fu terminato, si celebravano le messe. È dedicato a Sant’Antonio da Padova in onore del padre di Donato Gazzola che si chiamava Antonio.
Sacro e profano si fondono: sotto all’oratorio ci sono le cantine.
Un piccolo consiglio per voi: se vi avventurate dalle parti di contrada Casale la mattina avete buone probabilità di incontrare dei cervi!
LA VALPANTENA COME ZONA DI CONFINE
Dalla contrada Casale si sale sul monte Santa Viola fino a trovare il Forte Santa Viola, un forte abbastanza recente ma mai utilizzato. Qui ogni estate fanno una grande sagra, oserei dire la più grande della provincia di Verona. Aggiornamenti sulla sagra di Santa Viola li trovate qui.
Ma perché nacque un forte proprio su questo colle? Dopo l’annessione del Veneto all’Italia, Verona diventa zona di confine perché dove ora c’è il Trentino si trovava il regno austro-ungarico. All’epoca c’erano diverse visioni: qualcuno voleva rafforzare la linea difensiva a nord di Verona, mentre altri sostenevano che fosse meglio rafforzare la linea del Mincio e del Po perché la Lessinia con le sue montagna non si prestava a un’invasione. Si pensava che un’eventuale invasione austriaca sarebbe passata indubbiamente dalla Val d’Adige, area effettivamente ricca di forti e postazioni semovibili. Certo, l’Austria aveva siglato un patto di non invasione nel 1882 ma l’Italia pensava di non potersi fidare e decise quindi di rafforzare i confini.
Oltre a Santa Viola in Lessinia vennero eretti il Forte di Monte Pastello e il Forte Castelletto.
IL FORTE SANTA VIOLA
Nel 1908 vengono stanziati i fondi per la costruzione del forte Santa Viola. Inizialmente erano previste postazioni per 6 cannoni, ne furono però realizzate solo 4, rappresentate dalle 4 cupole da cui dovevano uscire i cannoni. Le cupole sono collegate da un sistema di tubi attraverso il quale i soldati comunicavano tra di loro. Quando nel 1915 arrivò la Prima Guerra Mondiale anche in queste zone, la realtà è che non furono teatri di aspre battaglie. Il Forte Santa Viola servì però da base per le 6000 truppe di fanteria che passarono da qui, mentre si recavano sui monti della Lessinia a costruire le trincee. Alcune trincee sono ancora ben visibili nei pressi di Castelberto.
UNA VERA E PROPRIA FORTEZZA
Sul monte Santa Viola non esisteva il bosco, la collina venne scavata e il forte incassato all’interno per avere una versione a 360 gradi.
Nel piano interrato c’erano le polveriere, il pavimento però sorgeva su pilastri di mattoni per creare riciclo d’aria e non creare umidità alla polvere da sparo. Così facendo era sempre pronta all’uso.
In caso di attacco il forte era autosufficiente per 25 giorni.
I muri erano spessi fino a 4mt di calcestruzzo con struttura metallica, mentre sotto al tetto c’erano almeno 4 metri di calcestruzzo per evitare il collasso del forte.
LA FORESTA DEL MONTE SANTA VIOLA
Il Forte Santa Viola era stato costruito per proteggersi dagli austriaci. Come un buffo scherzo del destino nel 1952 si decise di piantumare questo colle con abete nero di origine austriaca. Il motivo della scelta è molto semplice: è una pianta resistente che cresce velocemente, ideale per il fabbisogno di legname degli abitanti della zona. Purtroppo però, nell’inseguire la facilità di utilizzo, hanno dimenticato le specie autoctone che però negli ultimi anni si sta cercando di recuperare.
LA CHIESETTA DI SANTA VIOLA
Come dicevamo prima, a Santa Viola ogni anno si svolge un’importante sagra e, come tutte le sagre, unisce il sacro e il profano. Gli alpini di Azzago (chissà se anche loro sono matti come i matti di Azzago!), insieme all’artista locale Rino Merzari, si sono dati da fare per sistemare la statua della santa per poterla portare in processione.
Inizialmente la statua sembrava solo da ripulire e stuccare, ma lavorandoci sono stati trovati tre strati di colore sulla scultura in legno. Il nuovo obiettivo è diventato quindi quello di riportare la statua ai suoi colori originali. I colori con cui è dipinta la statua sono tempere realizzate con pigmenti colorati, mentre la scultura è in legno di abete cirmolo. L’analisi del legno ci racconta che la statua è stata lavorata a mano a fine Settecento, nella zona del Trentino (l’abete cirmolo è tipico dell’area trentina).
Ma chi era santa Viola? Non abbiamo fonti certe su questa santa ma pare fosse la sorella di altri due santi locali: san Vitale e San Mauro. I tre fratelli erano eremiti e comunicavano tra di loro da un monte all’altro accendendo fuochi.
La chiesetta inizialmente si trovava dove ora c’è il Forte Santa Viola, era stata spostata proprio per erigere la costruzione militare.
LA MAGLIERIA ANTONELLI
Durante questa passeggiata abbiamo conosciuto un’attività storica di Azzago: la maglieria Antonelli.
La storia della maglieria iniziò ad Azzago a fine dell’Ottocento, quando la signora Luigia trasmettè la passione per il lavoro a maglia a sua figlia Angelina. Angelina sposa un tale Antonelli nel 1935, ma dopo qualche anno il marito parte per la guerra. Torna nel 1945 con il desiderio di riuscire a superare quella vita di stenti con le sue forze. Angelina decide di sfruttare la sua passione per il lavoro a maglia acquistando una macchina per maglieria, fatalità una giovane della zona ne vendeva una a poco prezzo perché stava per ritirarsi alla vita monacale. Il prezzo di quella macchina era esattamente la cifra che possedeva la famiglia Antonelli. La figlia di Angelina, Mariucca, decide di studiare cucito a Verona e finalmente nel 1957 iniziano a vedere i primi frutti del loro duro lavoro. Ma tutta la famiglia collabora: il papà e il fratello di Mariuccia acquistano un auto per commerciare i filati, Mariuccia compra nuove macchine per realizzare i suoi tessuti e successivamente la figlia di Mariuccia, Paola, va a studiare fino a Parigi. Forte dei suoi studi e dell’esperienza riesce ad aprire un negozio in pieno centro a Verona.
LA VISITA ALLA MAGLIERIA
La maglieria Antonelli ha una prima sala con macchine da tessitura. I modelli vengono disegnati con le misure dei clienti, con particolari calcoli vengono “insegnate” queste misure alla macchina. In una seconda sala ci sono le macchine per creare i modelli con i tessuti. Tutto viene rifinito a mano, stirato e consegnato in negozio o al cliente.
La maglieria Antonelli collabora con l’associazione pecora brogna, una razza di pecora autoctona della Lessinia, e realizza capi con questa lana rustica, sia in colorazione naturale che tinta.
I prezzi dei prodotti sono elevati perché è tutto fatto artigianalmente, dal filato al modello, niente è lasciato al caso . Una visita per conoscere questa antica arte però è assolutamente consigliata! Per avere informazioni vi lasciamo qui il canale Facebook a cui potete contattarli.
Con questo racconto si concludono le nostre gite in Valpantena, ma ti promettiamo che in futuro ce ne saranno altre! Continua a seguirci per conoscere la prossima tappa!